La disabilità in azienda riguarda tutti e non dovrebbe escludere nessuno. Questo perché crediamo che un’azione dedicata a un singolo individuo non basti ma serva un sistema dove ognuno in azienda è corresponsabile e contribuisca a creare un’ambiente inclusivo che faciliti sia il perseguimento degli obiettivi aziendali sia la vita di tutti i collaboratori. Lo scorso martedì 28 giugno a Milano, in collaborazione con la Fondazione ONLUS ASPHI e grazie all’ospitalità di UnipolSai Assicurazioni S.p.A., abbiamo organizzato un workshop che si rivolge alle figure aziendali che si occupano (anche in prospettiva futura) di avviare iniziative per valorizzare i collaboratori con disabilità. Un confronto utile per scoprire una nuova “lettura” della disabilità in azienda, mettendo a fuoco aspetti come le linee guida che la definiscono, i rapporti con le comunità sociali, gli orientamenti normativi, le buone pratiche. La Fondazione ONLUS ASPHI nasce circa quarant’anni fa e rappresenta un buon esempio sul piano sia nazionale che europeo,  per essere stata pioniera nell’uso inclusivo della tecnologia e per il patrimonio di esperienza e conoscenza applicate in particolare nel mondo  del lavoro. Disabilità in azienda L’evoluzione rapidissima della tecnologia digitale e il continuo sviluppo delle potenzialità della rete internet spingono la Fondazione ad un continuo sforzo di ricerca e sperimentazione. Elemento distintivo della Fondazione è seguire l’evoluzione tecnologica e renderla concretamente disponibile e utile per le persone con disabilità.  La Fondazione ASPHI ha sviluppato iniziative di formazione, orientamento e sensibilizzazione per le grandi organizzazioni; nel contempo ha inoltre aumentato il suo impegno nel favorire l’effettiva accessibilità digitale sia all’interno delle aziende per i dipendenti che per i loro clienti e utenti. Durante il workshop, si è evidenziata la necessità di un nuovo approccio basato sull’inclusione e sull’empowerment, in contrapposizione alle vecchie modalità d’azione, come l’inserimento ed i costi sociali. Capi saldi del nuovo approccio sono la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, indicatore di un welfare moderno, maggiormente inclusivo ed equo, e la Classificazione internazionale del funzionamento, salute e disabilità (ICF). "Noi viviamo in un paese che ha un sistema di accertamento del “grado di invalidità” della persona con disabilità ancora del periodo post-bellico ed era stato adottato così perché la certificazione doveva essere relativa a valutare una situazione di inabilità al lavoro - spiega Gabriele Gamberi di Fondazione ASPHI, Area Inclusione Sociale -. Quando le certificazioni vengono date al 100%, la norma dichiarerebbe una inabilità completa al lavoro, in realtà sappiamo bene che una persona con disabilità certificata al 100% potrebbe invece funzionare al 100% in un ruolo lavorativo che possa esaltare le capacità della persona e trasformarle in performance, contributo per la propria azienda. L’approccio che oggi viene proposto è quindi diverso: si dice che una persona ha una disabilità se incontra un ambiente sfavorevole, incontra delle barriere di diversa natura che possono ostacolare l’effettivo e pieno svolgimento di attività o di partecipazione ai vari contesti di vita. Cioè si sposta l’attenzione dalla “menomazione” della persona al contesto in cui la persona deve “esercitare un ruolo”. Si parla di attività e di partecipazione. L'attività è l'esecuzione di un compito o di un'azione da parte di un individuo. La partecipazione è il coinvolgimento in una situazione di vita. Anche nella vita lavorativa quindi, si possono incontrare situazioni che portano ad una limitazione dell'attività o ad una  restrizione della  partecipazione.  Il compito di un sistema di “disability management" permette proprio di eliminare o ridurre tali barriere”.
Ciò che è ben adattato produce abilità, ciò che è mal progettato produce disabilità
“Mettere in atto iniziative e azioni di sistema per valorizzare il contributo delle persone con disabilità, - ha proseguito Silvia De Aloe della Cooperativa Sociale Dialogica partner di ASPHI - se fondate su obiettivi di promozione di una fattiva Corresponsabilità Sociale d’Impresa, piuttosto che di integrazione/inclusione dei Disabili, rappresenta quindi un’occasione per l’impresa di sviluppare nuove policy trasversali di crescita delle proprie risorse umane con un impatto sull’efficacia ed efficienza dell’intera organizzazione. Ma diventa occasione anche per trasformare il proprio sistema di Welfare aziendale, passando da un approccio assistenziale, che frammenta e disperde le risorse in mille interventi individualistici e che, considerando le persone dei portatori di bisogni, li educa ad una posizione di richiedenti passivi di interventi, ad un approccio promozionale e generativo, che considera la persona come la prima risorsa di cui attivare le competenze di gestione del bisogno e che co-costruisce con le persone risposte personalizzate ma in grado di gestire esigenze trasversali”. UnipolSai S.p.A. - Best practice Il Gruppo Unipol ha da sempre una grande attenzione su tematiche come la disabilità. L’obiettivo è di utilizzare pienamente il contributo che ciascuna persona può portare sia come elemento di dignità personale sia come fonte per il raggiungimento degli obiettivi aziendali, passando da un approccio di tipo assistenziale ad uno incentrato sull’autonomia della persona.” Esordisce così Sabina Tarozzi, Responsabile Iniziative di Welfare, Gruppo Unipol. “Anche per questo è stata creata la funzione “Iniziative di Welfare”, che si occupa di promuovere una cultura, progetti e servizi che facilitino l’integrazione degli ambiti di vita e rispondano ai bisogni più importanti nelle diverse fasi e condizioni di vita: tra cui anche la disabilità”. Qualche esempio in concreto. “Per colleghi non vedenti interessati ad un cambiamento di sede abbiamo attivato un servizio di orientamento alla mobilità sia per il nuovo percorso casa-lavoro, sia all’interno della nuova sede. L’affiancamento con lo specilista di mobilità ha consentito loro di potenziare inoltre ausili e capacità cognitive, il tutto per permettere loro di essere maggiormente autonomi. Una grande conquista!” – Continua così Sabina Tarozzi - "Per i colleghi non udenti abbiamo un servizio di “traduzione LIS” e di sottotitolazione a distanza durante  le riunioni di Direzione e quelle sindacali  per consentire loro di partecipare attivamente a momenti importanti della vita aziendale. E abbiamo in programma di attivare questi servizi anche per i momenti cruciali di confronto capo-collaboratore. Sono piccole cose ma fanno una grande differenza! E fanno l’orgoglio di lavorare in un’azienda che ha quest’attenzione.” Le grandi aziende, anche per un tema normativo, hanno già avviato iniziative sul tema disabilità, seppur lamentino la mancanza di un disegno comune che le leghi ad una visione più ampia; le PMI invece hanno ancora delle difficoltà nel comprendere quale strada intraprendere. Incontri come questo favoriscono il confronto tra le aziende partecipanti, focalizzando l’attenzione sui reali bisogni e su esempi concreti già applicati in realtà aziendali.