“Non esistono altri luoghi, come quelli di lavoro, così densi di viaggi reali e virtuali di gruppi di persone che tentano di collaborare per il raggiungimento di un risultato al di là di ogni diversità, di opportunità, di incontro, comunicazione e confronto tra persone diverse”. Così mi ha insegnato Maria Cristina Bombelli, forse oggi una delle maggiori studiose italiane della diversità nelle organizzazioni, quando nel 2009 mi hanno affidato il compito di “costruire” la figura del Diversity manager in Telecom Italia. Al di là delle categorie in cui la stessa Unione Europea ci invita ad  investire per una reale inclusione nella società e nelle organizzazioni (genere, età, disabilità, orientamento sessuale, religione ed etnie), ognuno di noi è diverso in quanto persona unica da valorizzare per il suo apporto. All’epoca erano pochissime le aziende che avevano questa figura e se c’era, soprattutto nelle multinazionali, focalizzavano la loro attenzione al genere, alla disabilità e a poco altro. Molte imprese ancora oggi si chiedono: perché ci dovremmo occupare di diversità? Si potrebbe rispondere con la logica che oggi ha permeato le “Pari opportunità”, che la discriminazione è sbagliata legalmente e moralmente. Basterebbe però rileggere la nostra Costituzione e potremmo vedere come ancora molto c’è da fare. Una nuova nozione sta sempre più guadagnando terreno, pur non contrapponendosi al tema dell’uguaglianza, dell’equality o  delle pari opportunità: una forza lavoro con la presenza di tutte le diversità sopra enunciate può aumentare l’efficacia delle imprese per raggiungere gli obiettivi ed essere più creative e innovative sul mercato. Una ricerca svolta alcuni anni fa da Irene Tinagli dimostra che le città con il maggior numero di start up, di artisti, di idee innovative sono quelle dove sono maggiormente presenti le diversità più disparate e come l’omologazione porti alla stagnazione. La parola diversità nelle organizzazioni fa ancora paura, spesso la si evita, perché richiede il confronto, l’accoglimento di diverse idee e impostazioni rispetto alla cultura dominante. Basti pensare a quella che io chiamo “omofilia” nelle organizzazioni. I responsabili, non solo nelle aziende, scelgono sempre come collaboratori o per avanzamenti di carriera persone uguali a loro perdendo la ricchezza della differenza, anche culturale. In quanti ancora pensano nella selezione del personale che un laureato in Filosofia non sia adatto al lavoro di impresa e ci si ostina a inserire laureati in Economia o Ingegneria, più specialisti che manager, incapaci spesso di gestire i propri collaboratori. Una forza lavoro differenziata ha capacità di attrarre, trattenere talenti con diversi background, ma anche di meglio capire e comprendere i diversi target a cui l’azienda si rivolge. Oltre che di una maggiore diversità della forza lavoro, le imprese hanno necessità di competenze per gestire queste diversità creando ambienti di lavoro che assicurino rispetto e opportunità per tutti, implementando politiche e prassi di gestione delle risorse umane volte a migliorare l’ambiente di lavoro con maggiore flessibilità organizzativa (es. il lavoro agile ), creare luoghi dove formare alla cultura del confronto, diversity week (settimane dove i dipendenti organizzano sessioni per discutere di questi temi). Oggi nelle Università non ci sono corsi specifici sul tema, anche se iniziano a nascere laboratori che si pongono l'obiettivo di lavorare sull'inclusione e la valorizzazione delle differenze. La società multietnica con molteplici religioni e culture che abbiamo di fronte ci pone la grande sfida di non alzare mura e barriere ma di avere sorgenti di arricchimento progettuale e creativo con forti ricadute positive nell'economia del Paese. Fabio Galluccio Fabio Galluccio laureato in Giurisprudenza, ha lavorato in una grande azienda di telecomunicazioni occupandosi di molti ambiti dalle relazioni industriali, in particolar modo curando i rapporti con le associazioni dei consumatori e di categoria, con il mondo della cultura e dei giovani. Dal 2009 fino al luglio  2016 è stato Welfare Manager e Diversity Manager. Da ottobre 2016 è Advisor di Jontly.