Sembra incredibile, ma Valentina Dolciotti è riuscita a “stanare” 10 Diversity manager, una professione per tanti versi sconosciuta, ma che sta crescendo in relazione ai tanti temi che rientrano negli ambiti di questa attività. Non solo il genere, ma anche la età, il confronto intergenerazionale, la disabilità, l’orientamento sessuale, le etnie e gli orientamenti religiosi, le diverse culture. Tutte inserite in un cambiamento non solo socio-demografico delle Aziende, ma della stessa società, dove le differenze culturali, religiose, personali che spesso abbiamo considerato un “pericolo” per le nostre zone di comfort, oggi sono apprezzate e ne  valutiamo la ricchezza, che può contribuire non solo ad aumentare il potenziale di ciascuno di noi, ma può portare, se valorizzata, innovazione, creatività e crescita del business. Valentina non solo intervista le persone che in Italia si sono un po’ inventate questa professione sulla base di esperienze all’estero o di quei pochi libri che sono stati pubblicati (libri che peraltro affrontano spesso uno solo dei temi sopra elencati) ma chiude o apre ogni incontro con riflessioni o pensieri. Mi piace qui citare una frase di Virginia Woolf che in qualche modo è sintesi perfetta della diversity: “Continuerò ad azzardare, a cambiare, ad aprire la mente e gli occhi, rifiutando di lasciarmi incasellare e stereotipare. Ciò che conta è liberare il proprio io: lasciare che trovi le sue dimensioni, che non abbia vincoli”. Se ci pensiamo bene, anche se la scrittrice inglese pensava alla sfera dell’io interiore, questa frase è importante, dirompente se trasferita al mondo delle Organizzazioni. Ed è bello “scorrere” nella lettura scoprendo come le Aziende abbiano affrontato questo tema, partendo da prospettive e urgenze diverse, per confluire in una finalità simile. Citiamo solo alcuni esempi, perché il libro è davvero ricco di best practices e di progetti realizzati dalle singole Aziende. Dal Bilancio del Capitale umano di Philips, alla misurazione della presenza femminile di Unicredit nei vari settori, all’estensione di benefit per le coppie omosessuali di General Electric, al progetto “Generazioni al lavoro” di ABB, a pillole formative di Costa Crociere, all’assunzione di giovani con gravi disabilità da parte di IBM, al progetto Women in motion di FS, la tutorship volontaria di Enel nata per colmare il gap culturale tra expats e inpats, il kit maternità/paternità di Axa, la “Factory” TIM, luogo di incontro dedicato alla diversità. Non possiamo non citare peraltro Associazioni come ValoreD a supporto della diversità di genere, Parks dell’orientamento sessuale, Asphi della disabilità, Diversitalavoro per l’incontro tra domanda e offerta tra coloro che sono più deboli nel mercato del lavoro. Senza queste Associazioni il lavoro di Diversity manager sarebbe più solitario e meno incisivo, perché la forza di questi professionisti è, anche, essere presenti in queste realtà e con esse confrontarsi. Per dirla con le parole della senatrice Monica Cirinnà, che ha regalato a Valentina la prefazione al suo volume, “la  tutela dell’individuo e dei suoi diritti nella complessità delle società moderne è il più importante principio etico e di progresso che possiamo applicare” o, come incisivamente scrive Telmo Pievani, professore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova nella postfazione “la diversità è vitale e al contempo destabilizzante. Resta una sfida rinnovata, una tensione permanente e trasformativa, da vivere all’interno di ogni nostra comunità, compresa quella aziendale, poiché non si “include” nessuno in un preesistente che resta immutato, ma si “com-prende” e si cambia l’esistente allargandolo. Fabio Galluccio