Ormai non si parla più di uno zero virgola, ma si parla “di una vigorosa ripresa congiunturale” con una produzione industriale che ha ripreso a veleggiare ai più alti livelli europei. Eppure l’Italia, secondo l’ultimo rapporto Censis, presentato a Roma il 1 dicembre presso la sede del CNEL, appare avvitata su se stessa, non immaginando un progetto per il futuro.
Sono tornati i consumi (29 miliardi in più in cultura e 6 miliardi in più in vacanze e non solo), ma emerge sempre la rabbia e la paura, “una Italia dei rancori”, come sostiene il professore di Storia contemporanea, Guido Crainz, da cui emerge una inedita ingenerosità sociale, una spinta a creare muri verso il basso e verso soggetti “altri” per religione e provenienza.
C’è una risalita, ma le ferite rimangono. L’immaginario collettivo ha perso forza propulsiva, scrive il Censis, resistendo pochi miti inossidabili, tra i quali primeggia il posto fisso. Il titolo di studio, tra i giovani, come strumento di ascesa sociale non arriva neanche al 15% del consenso. Probabilmente anche per questo l’Italia è il penultimo Paese in Europa per numero di laureati.