Interessante conversazione con la Presidente di Jointly Anna Zattoni che, intervistata da TuttoWelfare.it per la rubrica ''Welfare Talks''; ci parla di quanto sia importante e proficuo, oggi, investire nel Welfare Aziendale. Di come questa scelta si riveli vincente sia in termini di engagement dei propri dipendenti sia in termini di produttività e benessere organizzativo; a patto però che non si parta solo ed esclusivamente dalla normativa fiscale, certo favorevole in questo contesto storico; ma che l'intera impalcatura delle politiche di Welfare Aziendale si sorregga su di in una più ampia e articolata ''cultura del benessere lavorativo'' , fatta di condivisione, ascolto e consulenza specializzata. In una sola parola: Qualità.


Una sfida intrapresa da Jointly, per le aziende che hanno scelto di far parte del nostro network e per gli stessi lavoratori, chiamati sempre più ad una maggiore consapevolezza e partecipazione al miglioramento.

 

Ecco un estratto dell'intervista tratta da TuttoWelfare.info

 

1 - Il W.A. (Welfare Aziendale) è per alcune imprese un escamotage fiscale e per altre uno strumento che ha le sue radici nel proprio contesto valoriale. Quanto pesa la leva fiscale nelle decisioni aziendali concernenti l’attivazione di Piani di Welfare Aziendale? E quanto invece la cultura organizzativa e il sostegno alle motivazioni intrinseche dei lavoratori?

 

A. Zattoni: Indubbiamente in questa nuova stagione del welfare aziendale, la leva fiscale ha rappresentato per molte aziende un fattore di accelerazione per l’adozione di politiche e azioni in favore del proprio personale. Questo ha riguardato soprattutto le medio-piccole realtà, ma non solo. La normativa, se la si interpreta con attenzione, si inserisce in una logica più ampia che comprende la conciliazione vita lavorativa e personale; il lavoro agile, la mobilità casa-lavoro, il benessere, la formazione e lo sviluppo dei singoli e dei familiari, e molto altro. Se le aziende recepiscono il welfare solo come una leva fiscale il rischio è che i lavoratori lo intuiscano, e questo si riveli un boomerang e non una spinta all’engagement, alla motivazione e al business.

 
2 - Il Sindacato, con l’affermarsi dei Provider, sembra correre il rischio di essere bypassato in alcuni snodi del rapporto con i lavoratori. Quali sono secondo lei le aree nelle quali i Provider si sono sin qui mostrati più rapidi nell’inserirsi in questo rapporto?  

A. Zattoni: In realtà la normativa prevede per la prima volta la contrattazione delle Organizzazioni Sindacali sui temi del welfare, sulla conversione del premio di risultato in servizi welfare e sul recepimento di alcune somme decontribuite e defiscalizzate all’interno dei contratti collettivi di lavoro. Cito solo quello dei metalmeccanici, delle telecomunicazioni o quello del Gruppo FS. Quindi il Sindacato diventa parte attiva delle politiche di Welfare e i provider sono dei semplici facilitatori. Qualche problema può esserci soprattutto per le grandi organizzazioni, dove esistono gli Enti bilaterali, co partecipati da azienda e sindacati, come i Circoli Ricreativi aziendali; che in parte hanno fornito alcuni servizi ricompresi oggi nel welfare aziendale. Si tratta in questa realtà di una riorganizzazione interna, già affrontata in alcune aziende, che non disperda quanto fatto.

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