In questo periodo di isolamento e distanza forzata tra le persone, la nuova sfida del welfare aziendale è non far sentire soli i propri collaboratori, supportandoli nella loro “straordinaria” quotidianità e mettendoli nelle condizioni di lavorare con tempi, modalità e relazioni del tutto nuovi. L’emergenza #Covid-19 ha imposto infatti alle aziende di ripensare in tempi rapidi come dare continuità all’attività professionale e in questi giorni si parla molto dell’adozione di politiche di smart working o lavoro agile, focalizzandosi principalmente su policy e strumenti per consentire ai collaboratori di lavorare da casa, evitando il più possibile gli spostamenti e i contatti tra colleghi. Ma più le settimane di chiusura straordinaria - di scuole, musei e attività commerciali – si allungano più si prende coscienza che il ritorno alla normalità sarà lungo, e anzi che il “dopo” sarà molto diverso.

Ripensare il lavoro in termini Smart

L’attuale crisi infatti sta cambiando profondamente i paradigmi dell’organizzazione del lavoro e richiede alle nostre persone una forte capacità di adattamento rispetto a tre aspetti principali: gli spazi, i temi ma anche le relazioni della nostra vita professionale. Da questi dipenderà - in parte – anche la sopravvivenza delle nostre aziende al periodo di crisi.
Pensate agli spazi – spiega Francesca Rizzi, co-fondatrice e CEO di Jointly: trascorriamo le nostre giornate lavorative chiusi in casa. Dopo la “moda” degli open space e dei coworking, oggi siamo costretti a isolarci, a chiudere più o meno fisicamente le porte a colleghi, clienti, consulenti e fornitori. Inoltre, se lavoriamo da casa, ci troviamo a dover proteggere i nostri spazi di lavoro da figli, parenti o coinquilini, per difenderci da interruzioni e distrazioni a cui non siamo abituati. Lo spazio di lavoro è certamente in questi giorni un grande fattore di disagio organizzativo a cui siamo sottoposti, indipendentemente dalla presenza di smart working.
Ma improvvisamente anche i tempi del nostro lavoro sono cambiati: le nostre agende si sono rarefatte e siamo passati da ritmi frenetici ad orari “a singhiozzo”, alle prese con una maggior flessibilità e auto-determinazione, un po’ come quando eravamo studenti universitari. Oggi - come allora - la capacità di priorizzare e schedulare in maniera autonoma le cose da fare diventa una competenza fondamentale, in assenza della quale rischiamo di vanificare il nostro impegno e quello dei nostri colleghi. La gestione del tempo è una competenza da riadattare a un contesto di massima incertezza.

Lo Smart Caring come strumento per supportare i collaboratori

Terzo, ma non meno importante, in un’organizzazione che è diventata forzosamente “diffusa”, il modello classico di relazioni centrato sulla presenza e sul controllo è del tutto sorpassato. Ma quanto sono pronte le nostre organizzazioni per passare ad un modello di relazioni di delega e fiduciarie? Quanto i manager sanno gestire in modo continuativo team a distanza? Paradossalmente, la distanza fisica fa emergere ancora di più la necessità di sentirsi parte della “comunità aziendale”. Per motivare le persone a dare il meglio in questa fase di difficoltà - personale e professionale - c’è bisogno di veicolare beni relazionali, e messaggi di fiducia, vicinanza ed empatia. Perché le aziende non si fermino insomma bisogna non solo che si adattino all’emergenza ma che pianifichiamo il futuro, perché è cambiato per sempre. Non solo smart working quindi, ma smart caring, perché i collaboratori hanno oggi più che mai bisogno di sentirsi supportati in questa fase di crisi e le aziende possono – devono – saperla trasformare in un’occasione di innovazione organizzativa.