Come trasformare il proprio modello di welfare, per renderlo coerente con gli obiettivi e la cultura dell’azienda? Ne abbiamo parlato con Andrea Del Chicca, Direttore Corporate di Trenord che ci ha spiegato le fasi cruciali, dall’analisi dei servizi esistenti alla definizione di un piano pluriennale, fino alla misurazione dei risultati in termini di benessere e sostenibilità, con il coinvolgimento di tutta la comunità aziendale.

Voi avete intrapreso un percorso di trasformazione del modello di welfare: da “supporto al reddito” a “People centered”. Perché questa scelta e come l’avete affrontata? 

Il welfare esprime i valori e il percorso che l’azienda vuole intraprendere, racconta il tipo di rapporto con la comunità aziendale, è intimamente legato agli obiettivi strategici aziendali e contribuisce a creare uno dei presupposti per fornire un servizio di qualità alla clientela: la cura della relazione. Partendo da questa nuova consapevolezza, abbiamo compreso che, per valorizzare tutte le dimensioni della persona, avevamo bisogno un modello di welfare aziendale orientato alla cura del benessere delle persone. Vista la rilevanza del progetto e la condivisione dell’approccio, abbiamo avviato un percorso, con gli enti che erogano parte del welfare aziendale.  

“Non si può migliorare quello che non si può misurare”: ci raccontate qual è stato il ruolo del Welfare check all’intento di questo percorso? Come vi ha aiutato a comprendere che percorso volevate intraprendere?

Prima di ricercare nuove soluzioni avevamo bisogno di conoscere meglio il welfare esistente. Il welfare check di Jointly ci ha aiuto a posizionare le iniziative esistenti rispetto agli obiettivi, a valutare il “gap” rispetto al modello scelto, ad individuare le aree di miglioramento e, infine, a definire i servizi su cui investire.  L’analisi ha indicato, inoltre, l’importanza di governare la comunicazione per diffondere al meglio le iniziative del welfare. È stato confermato, infine, che la misurazione dei risultati degli investimenti in termini di impatti sul benessere individuale e organizzativo dei servizi di welfare è un fattore irrinunciabile.  

Voi avete una forte tradizione di dialogo con i sindacati: come avete affrontato questo cambiamento con loro? 

Il cambio di paradigma ha richiesto un approccio nuovo anche nel dialogo con il sindacato. Dal tipico schema a posizioni contrapposte siamo passati alla definizione condivisa del modello di welfare. La visione strategica è stata tradotta in azioni operative anche grazie al confronto con il sindacato all’interno degli enti aziendali che si occupano di previdenza/sanità integrativa e della sfera ludico-ricreativa. In tale sede sono state condivise alcune azioni relative ai bisogni della comunità aziendale in materia di sanità integrativa, supporto allo studio, valorizzazione del merito scolastico e competenze del futuro.  

Come hanno reagito i colleghi a questo percorso di cambiamento? Avete organizzato un Roadshow per raccontare il cambiamento alle vostre persone nei territori. Che feedback avete raccolto?

Aumentare la consapevolezza del valore distintivo del welfare aziendale, anche in termini di benchmark con altre realtà aziendali, è uno degli obiettivi del progetto. Non meno importante è l’obiettivo della partecipazione attiva delle persone. Il roadshow ha portato il welfare nei luoghi di lavoro, attivando più di 2.000 relazioni. Il personale ha accolto con entusiasmo l’iniziativa sentendo l’azienda più vicina ai loro bisogni e più disposta all’ascolto. Sempre in tema di ascolto e partecipazione abbiamo costituito il gruppo “WIP” Welfare Important People. I dati raccolti, i bisogni espressi, saranno utili per progettare dei nuovi servizi capaci di migliorare il benessere delle persone coerentemente con gli obiettivi aziendali.  

A un’altra azienda che si trova ora dove eravate voi qualche anno fa, che consigli darebbe? 

Il primo passo è definire un modello di welfare coerente con gli obiettivi e la cultura dell’azienda. I passi successivi sono: analizzare i servizi esistenti, predisporre un piano pluriennale per ridurre il gap rispetto al modello obiettivo, individuare le iniziative di welfare coerentemente agli obiettivi aziendali, misurare i risultati in termini di benessere e sostenibilità.  Prevedendo, inoltre, il coinvolgimento di tutta la comunità aziendale nella fase di implementazione e di comunicazione dei servizi, a partire dal top management.  Ciò anche orientando le competenze interne per gestire un percorso di evoluzione del modello di welfare.  Infine, essere aperti al dialogo con altre aziende per confrontare le diverse esperienze.  

Ed ora? Quali sono i vostri progetti per il futuro?

L’evoluzione del welfare richiede ascolto e partecipazione delle persone; per questo abbiamo previsto un progetto di formazione al ruolo dei Welfare Important People e un nuovo roadshow per incontrare le persone nei luoghi di lavoro. Per quanto riguarda il “pacchetto welfare”, abbiamo confermato le iniziative di supporto psicologico, orientamento allo studio e supporto allo studio. A ciò affiancheremo nuove iniziative ad alto impatto sul benessere riguardanti salute e prevenzione, caregiving, genitorialità e microcredito.   Anna Zavaritt - giornalista e contributor Jointly