A cosa sono serviti i fringe benefit negli ultimi due mesi del 2022 e quale sarà la vera funzione del welfare nel prossimo futuro?

Il 2022 si è chiuso con un aumento estemporaneo (per soli due mesi) e significativo dei fringe benefit, con una nuova soglia di detrazione passata da 600 a 3000 euro. Il nuovo anno invece si è aperto con l’assenza nella Legge di Bilancio di misure a favore del welfare aziendale, che negli ultimi anni è stato il principale strumento a supporto del benessere socio-economico dei collaboratori (+480% il numero dei piani di welfare in Italia dal 1° gennaio 2016 a fine 2021).

In attesa che nuovi decreti confermino in maniera definitiva la soglia dei fringe benefit (comma 3 dell'art. del TUIR, il Testo Unico delle Imposte sui Redditi) e intervengano sulle misure di welfare di "utilità sociale" (comma 2 dell'art. 51 del TUIR), vale la pena provare a fare un bilancio e riflettere sul ruolo di questo strumento.

A cosa sono serviti i fringe benefit negli ultimi due mesi del 2022 e quale sarà la vera funzione del welfare aziendale nel prossimo futuro? 

Analizzando i dati raccolti dalla nostra piattaforma Jointly e relativi alle premialità erogate nel mese di dicembre come fringe benefit appare chiaro che queste non hanno avuto l’ “utilità sociale” che ha finora contraddistinto il welfare aziendale, a benefico di una dimensione economico-fiscale di breve termine che non ha peraltro aiutato le famiglie a sostenere i maggiori costi di energia e del caro-vita dovuti all’inflazione, se non marginalmente.

Quasi la metà dei soldi ricevuti sono stati infatti spesi da un lato in buoni acquisto sulle principali piattaforme e-commerce (33%), dall’altro in buoni spesa nella GDO (20%), in buoni carburante (12%) e buoni acquisto per catene di elettronica e largo consumo. I rimborsi delle bollette (10%) sono stati relativamente meno importanti, così come marginale è stato l’utilizzo in quelle aree che sono per loro natura di “utilità sociale” e che possono avere un impatto di lungo termine sul benessere delle famiglie, come i rimborsi per spese di istruzione e assistenza (5%), la previdenza integrativa (3%). Da notare che è totalmente assente – seppur disponibile – la spesa per sanità integrativa.

Chi ha beneficiato di queste premialità straordinarie?

Come molti di voi sanno, l’erogazione di premi welfare segue le logiche delle categorie omogenee di dipendenti. Quello che normalmente accade quindi è che l’importo dei premi welfare è più alto per chi guadagna di più. Questo significa che attraverso i piani welfare sosteniamo maggiormente il potere d’ acquisto di chi ne ha meno bisogno.  

La riflessione che vorremmo condividere a inizio anno con voi e con il network di aziende di Jointly è quindi la seguente: non stiamo facendo un po’ di confusione tra “welfare aziendale fiscale” come sostegno al potere d’acquisto e “welfare aziendale sociale” come pilastro sussidiario alle sempre più gravi carenze del sistema pubblico in materia di salute, assistenza, infanzia, istruzione e conciliazione?

Condividete anche voi il timore che l’equiparazione impropria tra fringe benefit e interventi di welfare aziendale rischi di sprecare le risorse pubbliche e aziendali facendole finire in un grande ammontare di buoni acquisto? 

Si stima che il mercato dei flexible benefit – o welfare fiscale - valga attorno a 1 miliardo di euro. Per fare un confronto: l’intero stanziamento annuo del fondo nazionale per la non autosufficienza è di 865,3 milioni di euro nel 2023. Pensateci: se potessimo indirizzare la spesa in finalità più sociali potremmo raddoppiare le prestazioni pubbliche.

Oggi constatiamo che l’assenza di una visione di lungo termine e il conseguente susseguirsi di interventi estemporanei e incoerenti – perché non confermati – lasciano un grande punto interrogativo sul futuro del welfare aziendale.

Abbiamo rinunciato a progettare attività e misure capaci di dare risposte utili e coerenti nel tempo rispetto ai bisogni dei lavoratori?

Quale sarà l’impatto di queste manovre, di cui efficacia resta da dimostrare, sui vostri collaboratori e sul benessere delle vostre organizzazioni?

Da quando siamo nati nel 2014 il nostro impegno, al vostro fianco, è sempre stato di definire un piano di lungo termine condiviso tra datore di lavoro e collaboratori, per metterli nelle condizioni di stare meglio, di supportare il loro benessere, e di poter lavorare meglio.

Ci piacerebbe su questo aprire un dialogo con voi, raccogliere le vostre opinioni perché - in attesa di capire quale sarà l’indirizzo politico di medio-lungo termine su questo tema - le aziende saranno inevitabilmente chiamate a supplire a questo vuoto, attraverso ascolto e co-progettazione e la ricerca di un modello economicamente sostenibile per tutti.

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Francesca Rizzi, CEO e Co-founder Jointly, Anna Zattoni, Presidente e Co-founder Jointly