La “S” (di ESG) relativa all’impatto sociale è sempre stata estremamente importante per Roncadin: ce lo racconta l'AD Riccardo Roncadin

Nonostante un anno difficile per la GDO – tra rincari delle materie prime e la contrazione dei consumi dovuta all’inflazione – l’impatto ambientale e sociale sono rimasti aspetti strategici per Roncadin, che ha appena pubblicato il suo primo bilancio di sostenibilità. Dove la “s” (social) degli ESG ha un ruolo particolare. 

Ne parliamo con Dario Roncadin – Amministratore delegato Roncadin SpA SB, che ha appena chiuso l’anno con un +4,4% del fatturato. 

 

Quest’anno avete pubblicato il vostro primo bilancio di sostenibilità. Oltre all’impegno verso l’ambiente, così importante nel settore alimentare, quanto c’è della “s” cioè dell’impatto sociale nel bilancio? 

La “S” relativa all’impatto sociale è sempre stata estremamente importante per Roncadin. A partire dalla scelta che è stata fatta quando Roncadin è nata: l’azienda si è insediata nel territorio di Meduno, provincia di Pordenone, un’area delle Prealpi friulane a lungo soggetta a spopolamento. È qui che da sempre vogliamo portare un modello di sviluppo sostenibile attento alla comunità, volto a trattenere, anzi ad attrarre, persone e talenti e a promuovere una crescita e un benessere diffusi.

Quando abbiamo rinnovato il nostro stabilimento a partire dal 2017, l’abbiamo subito pensato non solo nell’ottica di minimizzare l’impatto ambientale, ma anche per renderlo visitabile dai turisti, per farne un polo di attrazione che possa valorizzare le eccellenze enogastronomiche del territorio, con collegamenti che favoriscono la mobilità sostenibile (piste ciclabili e recupero di una linea ferroviaria storica che passa proprio per Meduno). Ovviamente questo è un progetto che coinvolge moltissimi attori, anche pubblici, con i quali stiamo collaborando.

Sotto la “S” ricade inoltre l’impegno a costruire filiere di approvvigionamento non solo sostenibili, ma anche etiche e attende alle persone, che valorizzano le eccellenze dei produttori italiani e locali. Il marchio Roncadin aggrega circa 600 fornitori italiani presenti in 80 province e per sostenerli ancora di più abbiamo aderito al Programma Sviluppo Filiere di Intesa Sanpaolo.

 

La stesura del bilancio è stata l’occasione per “mettere ordine”, analizzare e valutare le tante iniziative che già il gruppo aveva verso i propri dipendenti (e fornitori)?

Realizzare il report di sostenibilità ci dà l’opportunità di mettere nero su bianco i nostri obiettivi, le azioni che ci hanno permesso di raggiungerli e le occasioni di miglioramento. Analizziamo costantemente i nostri progressi, cercando sempre nuovi traguardi per cui impegnarci. 

Rendicontare e comunicare annualmente le nostre azioni, misurando il nostro impatto sociale, economico e ambientale, è la base per fare sempre meglio, coinvolgendo in questo processo anche lavoratori, fornitori, stakeholder.

 

Le iniziative di welfare, formazione, piano talent, e sostegno alla famiglia che ruolo hanno avuto per le vostre persone ma anche per il territorio?

Le persone sono la nostra prima fonte di successo. Per quanto riguarda i nostri lavoratori - 750 circa, per l’80% donne - siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per ampliare i servizi, favorire il dialogo e la condivisione, incrementare i progetti volti al benessere, alla sicurezza, alla salute e alla conciliazione famiglia-lavoro. Per questo investiamo in formazione, piano talent, welfare, sostegno alla famiglia, attività del CRAL aziendale.

Non solo, per noi è importante aprirci al territorio e promuovere progetti che coinvolgono altre realtà. Qualche esempio: il centro estivo per i figli dei dipendenti, con laboratori di pizza, è organizzato in collaborazione con la Parrocchia e aperto anche agli esterni. Promuoviamo iniziative di formazione e orientamento rivolte alle scuole secondarie di secondo grado e le università, che vengono a conoscere la realtà di Roncadin: un modo per colmare il gap scuola-lavoro.

E poi il sostegno a tante a iniziative culturali e di solidarietà che mantengono vivo il nostro territorio, progetti che il più delle volte vengono portati alla nostra conoscenza proprio dai nostri stessi dipendenti, molto impegnati nel sociale: dal sostegno a Telethon, alle onlus locali, fino a quello allo storico cinema di Maniago gestito da colleghi volontari, che rischia di chiudere.

 

Perché avete deciso di farlo e come pensate possa essere utile ai vostri stakeholders?

Mettere nero su bianco la nostra attitudine è stato un passaggio naturale. Già nel 2010 abbiamo cominciato il nostro percorso verso la sostenibilità con l’installazione dei primi pannelli solari, che qualche tempo dopo hanno vinto il premio Coop for Kyoto (2014). Il nostro percorso era già tracciato, nel tempo l’abbiamo arricchito per poi dichiararlo ufficialmente nell’oggetto sociale quando siamo diventati una Società Benefit, alla fine del 2021.

Pensiamo che la condivisione delle buone pratiche sia importante per generare un circolo virtuoso, per diffondere idee che possono essere messe in pratica concretamente e con successo, nonché per dare un segnale forte a tutto il mondo economico, imprenditoriale e istituzionale: solo abbracciando un nuovo modello di sviluppo, che tiene conto del bene comune, le aziende possono affrontare con successo le sfide del futuro.

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Anna Zavaritt – giornalista e contributor Jointly