Un’azienda su due riconosce ormai l’importanza degli aspetti sociali all’interno della propria rendicontazione di sostenibilità

Salute e sicurezza sul lavoro, formazione e sviluppo e – in un periodo di grande turnover nel mercato del lavoro - capacità di attrarre e fidelizzare i talenti. Gli aspetti sociali legati alla sostenibilità di un’azienda, così come i rischi di non gestirli, sono entrati a pieno diritto all’interno dei loro bilanci e nella rendicontazione ESG. Che è l’acronimo per identificare gli impegni per la tutela dell’ambiente (Environment), verso le persone e le comunità (Social) e per il rispetto delle politiche di etica e trasparenza (Governance). 

La nuova indagine di KPMG “Survey of Sustainability Reporting 2022”, che analizza le tendenze del reporting di sostenibilità in tutto il mondo (a partire dalla documentazione pubblica di 5.800 aziende in 58 diversi Paesi) rivela che tra le 250 aziende più grandi, il 49% riconosce gli elementi sociali come un potenziale rischio - se non adeguatamente considerati e gestiti - per l’impresa. 

In Italia, tra le 205 aziende che redigono la Dichiarazione non Finanziaria, la gestione del personale (94%), i diritti umani (75%) e gli aspetti sociali (74%) sono tra gli aspetti maggiormente significativi identificati, oltre a quelli ambientali (94%).

“In Italia il tema ambientale è ancora predominante, ma c’è un’attenzione crescenze verso la “S” degli ESG – spiega Lorenzo Solimene, Partner di KPMG Advisory - ESG"Storicamente l’Italia ha un mercato del lavoro molto strutturato, quindi c’è già un quadro di riferimento normativo ed operativo dentro il quale rendicontare i progressi. Ma ci sono anche delle tematiche emergenti come quelle di D&I e di welfare che le aziende inseriscono nei propri bilanci di sostenibilità”. 

In effetti il welfare è parte integrante di alcuni obiettivi di sviluppo sostenibile, i così detti SDGs, dell’ONU, come quello relativo al lavoro dignitoso e crescita economica (obiettivo 8), quello relativo alle Imprese, innovazione e infrastrutture (obiettivo 9), ma anche quello relativo alla parità di genere (obiettivo 5). Ed è sempre più parte integrante delle strategie di sostenibilità di molte imprese, anche perché rappresenta un “moltiplicatore sociale di benessere”: a beneficiarne infatti non sono solo i collaboratori ma anche i loro famigliari e le comunità.

Con l’entrata in vigore nel 2024 della nuova Direttiva europea sulla Corporate Social Responsibility (CSRD) - che si applicherà ad una platea molto più amplia di imprese – tutti questi aspetti sociali da “semplici” temi di risorse umane acquisteranno sempre più importanza all’intero della strategia di sostenibilità di un’azienda.

“Sicuramente – conferma Lorenzo Solimene - le aziende dovranno attrezzarsi in maniera più coerente rispetto alla sostenibilità, con sistemi di controllo interni e di strategia a medio-lungo termine. Anche perché l’introduzione del concetto di doppia materialità obbliga ad una gestione dei rischi più completa”. 

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Anna Zavaritt - giornalista e contributor Jointly