Di fronte ad un tasso di produttività fermo ai livelli del 2000 - caso unico in Europa - e ad un mercato del lavoro dove prevalgono malessere e dimissioni, come si stanno riorganizzando le aziende italiane?
JOINTLY lo ha analizzato attraverso i dati raccolti dal Corporate Wellbeing Check-up: un'indagine svolta da oltre 200 HR di aziende italiane di varie dimensioni e settori che permette di misurare, in maniera rapida e gratuita, quanto la propria organizzazione sia pronta ad affrontare le sfide della New Way of Working e quanto gli strumenti di people caring e corporate wellbeing siano presenti e sviluppati.
Il quadro che emerge è in chiaro-scuro: in un’azienda su due (42%) non c’è ancora una strategia esplicita e strutturata rispetto al benessere organizzativo, e solo in un’azienda su tre (32%) è un elemento chiave della people strategy.
Nella gran parte delle aziende (54%), quindi, non esiste ancora una funzione organizzativa che si occupi in maniera integrata del benessere dei collaboratori, ma il tema è ancora “frammentato” tra diversi dipartimenti che seguono singole iniziative, non correlate tra loro, ciascuno con il proprio budget e “catalogo”.
Questa frammentazione emerge anche considerando quante iniziative sono adottate senza che ci sia un obiettivo esplicito all’interno di una più amplia strategia per il benessere, che si tratti di salute psico-fisica, supporto economico o life-work skills. Da notare il “tabù” ancora presente sulla salute mentale, nonostante sia ormai un’urgenza sociale anche tra le mura dell’ufficio: in un’azienda su tre (32%) non è un ambito di benessere sul quale lavorare. Molto più diffuse invece le attività per sviluppare le abilità cognitive, emotive e relazionali.
Interessante notare anche che la maggioranza delle iniziative a supporto del benessere dei collaboratori sono state definite con un approccio top-down (55%) e che solo un’azienda su cinque (20%) ha presidi di ascolto organizzativo strutturati e diffusi, mentre la maggior parte (76%) si affida a Survey o Pulse Survey.
La frammentazione e la poca condivisione delle iniziative rende difficile anche la loro misurazione: quasi un’azienda su due (39%) non misura l’impatto delle attività di benessere organizzativo, e meno di una su dieci (4%) lo fa in maniera scientifica attraverso il coinvolgimento di enti qualificati esterni (Società di consulenza o revisione, Università o altri centri di ricerca). E se è vero che - come emerge da un’altra ricerca JOINTLY, Jointly Voice - la comunicazione è un asset strategico per l’efficacia dei piani di corporate wellbeing, il fatto che la grande maggioranza delle aziende (63%) utilizzi ancora la mail o l’intranet (49%) per confrontarsi con i propri collaboratori dimostra che c’è ancora tanta strada da fare.
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A cura di Anna Zavaritt - giornalista e contributor JOINTLY