I Caregiver italiani: 7 milioni di persone, invisibili ma fondamentali
L’Italia è uno dei Paesi più vecchi al mondo: oggi quasi un cittadino su quattro, il 23,4%, ha più di 65 anni e l’età media della popolazione è di 45,9 anni. La presenza di una quota estremamente significativa di persone anziane è dovuta – oltre all’innalzamento dell’aspettativa di vita - alla progressiva riduzione del tasso di natalità, che ha trasformato la struttura famigliare, rendendola sempre più mono-generazionale e nucleare, minando quindi quella rete di supporto informale da parte dei parenti che l’ha contraddistinta nel dopo guerra. Una popolazione più anziana significa anche più fragile: oggi solo la metà (54%) delle persone tra i 60 e i 64 anni è in buona salute, ma il welfare “primario” riesce a soddisfare solo una minima parte della crescente domanda di assistenza, meno del 15%. Così quasi una famiglia su due (40%) rinuncia a curarsi perché non riesce a sostenerne i costi[1], e quando si tratta di prendersi cura di una persona anziana o non auto-sufficiente, il carico di cura ricade sui parenti più prossimi.* * *
In Italia i caregivers – le persone cioè che volontariamente si fanno carico della cura di un parente anziano o non auto-sufficiente - sono oltre 7 milioni e per uno su quattro di loro (il 25%) si tratta di un vero e proprio secondo lavoro, con più di 20 ore settimanali dedicate alla cura del proprio famigliare[2]. Chi può, in termini economici, si fa aiutare ricorrendo al privato: nel 2021 la spesa di welfare delle famiglie ha raggiunto il valore di 136,6 miliardi, pari al 7,8% del Pil[3], dove la salute (38,8 miliardi) e l'assistenza agli anziani (29,4 miliardi) rappresentano da sole la metà del totale.