Il decreto Lavoro (D.L. n. 48/2023) viene incontro ai lavoratori dipendenti con figli a carico, ma i problemi applicativi non mancano.

Innalzamento a 3.000 euro del limite di esenzione di beni e servizi anche per il 2023, ma solo per i lavoratori dipendenti con figli a carico: è la principale misura di welfare aziendale a supporto delle famiglie contenuta nel nuovo Decreto Lavoro, che introduce anche un fondo da 60 milioni ai Comuni per i centri estivi e i servizi socio-educativi territoriali.

 

Nel decreto la defiscalizzazione per la natalità

Il testo approvato il 1° maggio conferma la volontà del Governo di usare la defiscalizzazione per sostenere le famiglie e incentivare la natalità, una priorità che la Premier Giorgia Meloni ha ribadito anche agli Stati Generali della Natalità il 12 maggio: “Abbiamo fatto della natalità, e della famiglia, una priorità assoluta della nostra azione”.

Il rischio però è che così si perda il valore sociale del welfare aziendale e la sua capacità di innovare il rapporto tra impresa e dipendenti.

 

È la leva più efficace per sostenere le famiglie?

Come Jointly siamo per nostra natura attenti alla misurazione d’impatto del welfare aziendale e quest’anno abbiamo più volte illustrati nei colloqui con stakeholders istituzionali e di settore quanto sia importante e prioritario intervenire su natalità, sostegno alle famiglie e lavoro.

Ma abbiamo anche condiviso come intervenire sull’ Art 51 comma 3 del TUIR, innalzando la soglia dei fringe, presenti due aspetti critici che dovrebbero essere presi in considerazione affinché il welfare aziendale possa essere davvero una leva efficace rispetto alle priorità indicate sopra.

Un primo aspetto critico è che le aziende oggi devo ricostruire quali dipendenti abbiano figli: la nuova procedura per la richiesta dell'assegno unico è infatti gestita direttamente dall’INPS e quindi i dati in mano all’azienda potrebbero non essere aggiornati.

Un secondo aspetto critico è che, senza nuovi investimenti in welfare aziendale, a beneficiare di questa misura saranno prevalentemente i dipendenti con figli che hanno già altri tipi di benefit - come l’auto aziendale, l’assicurazione extra contrattuale o la casa in affitto - che tipicamente sono dirigenti e quadri all’interno di un’organizzazione.

Un possibile corto-circuito che avrebbe un impatto nettamente inferiore sulle altre fasce di lavoratori, oggi più impattate di altre da carovita e inflazione.

 

Una misura stabile e di impatto a sostegno delle famiglie

Uscendo da una logica di misure limitate nel tempo e nelle modalità di erogazione, come Jointly auspichiamo che il confronto sul welfare aziendale abbia un approccio strategico se non di lungo di medio periodo e vada oltre i soli fringe benefit. Dal 2020 in poi gli interventi in materia si sono per ora limitati a raddoppiare la soglia dei fringe benefit – su base annuale – nel 2020 e nel 2021, per poi alzarla prima a 600 euro poi a 3.000 euro.

Come Jointly auspichiamo quindi che il Governo intervenga su una stabilizzazione delle politiche a sostegno della famiglia, per esempio attraverso la creazione di un "voucher welfare" di importo variabile in base al numero di figli e da erogare attraverso un ente già accreditato. In questo caso l’azienda potrebbe richiedere direttamente all’ente erogatore i voucher in base al numero di dipendenti e di figli, con una procedura semplificata e digitale, attraverso la piattaforma di welfare per i dipendenti, con garanzia di tracciabilità e trasparenza.

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Anna Zavaritt – giornalista e contributor Jointly