Comunicare tutti, comunicare meglio: alcuni casi virtuosi di People Engagement e Comunicazione per il Welfare in azienda

“La comunicazione dei progetti di welfare aziendale deve rivolgersi, con linguaggi coerenti, ai destinatari individuati ponendo particolare attenzione alle seguenti funzioni: motivare, rendere consapevoli, coinvolgere, rendicontare. [...] In particolare, si raccomanda una comunicazione educativa, volta a consentire ai destinatari un esercizio consapevole delle proprie scelte e a poter analizzare, valutare e confrontare i servizi offerti in termini di utilità per il miglioramento del proprio benessere”.

Questo brevissimo estratto della Prassi di riferimento per il welfare aziendale - pubblicata nel 2021 dall’UNI, l’ente normativo italiano - è sufficiente a chiarire uno tra i più grandi non detti legati al corporate wellbeing: senza un adeguato piano di comunicazione interna a supporto, le probabilità che l’investimento in welfare non raggiunga gli obiettivi attesi saranno altissime.

Cresce il welfare aziendale, ma non la sua consapevolezza

A giustificare questa premessa sull’importanza della comunicazione nel welfare aziendale, ma anche il risalto che l’ente italiano di unificazione giustamente gli dedica, sta soprattutto una riflessione.

Questa: alla crescita esponenziale del welfare registrata in Italia negli ultimi anni, non è ancora corrisposta una sua piena e adeguata consapevolezza. Consapevolezza - è il caso di specificare - tanto dei vantaggi e dei benefici che questo strumento è in grado di offrire a imprese e lavoratori, quanto dei metodi e delle prassi necessarie per raggiungerli, questi benefici. In altre parole, anche tra le imprese più sensibili al benessere delle proprie persone, quelle che sanno come massimizzare il ritorno dell’investimento sono poche. Anzi, pochissime.

Partendo dalla fotografia scattata dall’ultimo rapporto Welfare Index PMI 2021, emerge infatti che per il 38,5% delle imprese i lavoratori non hanno la minima cognizione dei servizi di welfare offerti, mentre il 42% dei partecipanti sostiene che i propri lavoratori “conoscono i servizi in generale”. Risultato? Le aziende pienamente convinte che “i lavoratori conoscono i servizi di welfare in modo dettagliato o molto bene” sfiorano un desolante 19,5%. Meno di una persona su cinque.

  • Per il 42% delle aziende, i collaboratori hanno un livello MEDIO di conoscenza del proprio welfare
  • Per il 38,5%, hanno un MINIMO livello di conoscenza
  • Per il 19,5%, il livello di conoscenza è BUONO o MOLTO BUONO

Comunicare tutti, comunicare meglio (il welfare)

Di fronte a uno scenario di questo tipo, la domanda da porsi è una soltanto: a cosa si devono numeri del genere? Proviamo però a formularla in quest’altro modo: perché a una crescita della sensibilità (e quindi degli investimenti) da parte delle aziende, non corrisponde di conseguenza una maggiore conoscenza e un maggiore accesso al welfare da parte dei loro collaboratori? Le risposte stavolta sono due, e in entrambi i casi interrogano le imprese. 

La prima ragione a cui si deve questo scollamento, ha a che fare con il valore che si dovrebbe riconoscere al benessere dei collaboratori in azienda. Molto spesso, infatti, il welfare aziendale non è considerato una leva strategica per l’organizzazione. E quindi non segue il normale protocollo a cui sono sottoposti gli altri fattori considerati centrali per il business dell’impresa: analisi, azione, misurazione. In altre parole, prima di procedere con la definizione di un piano welfare, non si ascoltano i bisogni della popolazione aziendale; non si allineano questi bisogni agli obiettivi dell'organizzazione e non si sonda correttamente il mercato alla ricerca degli strumenti e dei servizi più coerenti con quei bisogni. Il risultato, in questi casi, è che le strategie di corporate wellbeing vengono tracciate sulla base di indicatori generici e poi calate dall’alto senza alcuna corrispondenza con i reali desiderata di chi dovrebbe beneficiarne. Quali speranze di successo ha un piano concepito con queste premesse?

Quando il benessere non è una leva strategica per l’azienda

  • Non si interroga la popolazione aziendale per conoscerne i bisogni reali
  • Non si allineano questi bisogni agli obiettivi dell’organizzazione
  • Non si sonda il mercato alla ricerca di soluzioni e servizi coerenti con quei bisogni

La seconda ragione, molto più semplice ma non meno determinante per il successo di una strategia di benessere organizzativo, è che il piano di welfare - per quanto efficace e corrispondente ai bisogni della popolazione aziendale - non è comunicato ai collaboratori in maniera inclusiva, integrata e stimolante.

I “wip” di Trenord e l’innovazione di Fastweb e ATM

Di esempi virtuosi, però, il mercato ne offre molti. Soprattutto negli ultimi anni, le imprese che hanno colto i vantaggi di una strategia di comunicazione interna da affiancare ai piani di welfare sono state molte. E i risultati, per queste, non hanno tardato ad arrivare. Tra i progetti che più di altri si sono distinti, meritano una menzione speciale quelli realizzati da Trenord, Fastweb e ATM.

  • I WIP, Welfare Important People di Trenord
  • L’innovazione e il Futuro di Fastweb
  • La retention di ATM

Tre progetti differenti, tre approcci completamente diversi per arrivare allo stesso obiettivo: coinvolgere le proprie persone e renderle più consapevoli degli strumenti e dei servizi che l’azienda ha messo loro a disposizione. Lo hanno fatto in maniera originale in Trenord, la compagnia di trasporti ferroviari della Lombardia, dove da qualche anno sono nati i WIP. Si tratta di Welfare Important People, selezionate tra i collaboratori, a cui è affidato il compito di coinvolgere i colleghi promuovendo le iniziative che compongono il piano welfare.

Futuro e Innovazione sono, invece, le parole chiave scelte da Fastweb, dove da anni prosegue il percorso di valorizzazione delle proprie persone attraverso iniziative di corporate wellebing calibrate sulle cinque dimensioni del benessere. Tre i passaggi chiave di questa strategia comunicativa: rebranding e una nuova visual identity; un racconto dell’offerta organizzato per aree (definendo un naming “parlante” per i contenitori); un nuovo approccio comunicativo, più alto e in linea con la nuova purpose focalizzata sul concetto di wellbeing.

La comunicazione del corporate wellbeing in Fastweb:

  • rebranding e una nuova visual identity
  • un racconto dell’offerta diviso in aree (con un naming “parlante” per i contenitori); 
  • un approccio comunicativo più alto e in linea con la nuova purpose “wellbeing”

Per ATM, l’Azienda Trasporti Milanesi, saper comunicare equivale a saper trattenere. "Ampliando il concetto di welfare da erogazione di servizi ai dipendenti a una dimensione di benessere organizzativo e qualità dell’esperienza professionale in senso più lato, l’investimento si è focalizzato su rivedere i processi gestionali, individuare le buone prassi, investire su una cultura manageriale che integrasse politiche innovative - ci ha raccontato Simona Zandonà, Responsabile Welfare, Diversity & Inclusion del Gruppo ATM - Nel tempo questo approccio più olistico ha dimostrato la sua validità nell’ingaggiare le persone, ri-motivarle e porle in una relazione generativa e costruttiva, e adulta, verso il loro cliente, tra dipendenti e nelle relazioni organizzative”.

 

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Valerio Sordilli - giornalista e contributor Jointly