Così il welfare aziendale riscrive i confini del wellbeing

Da dove arriva tutto questo malessere? Sono stati sufficienti più o meno un paio d’anni perché domande di questo tenore rovesciassero ogni gerarchia in azienda e si imponessero con sempre maggiore frequenza nei pensieri dei lavoratori e delle lavoratrici di mezzo mondo. E c’è voluto appena un po’ di più per capire che il grosso di quel malessere era causato proprio dal lavoro.

Anche in Italia è andata così. L’ultima conferma al riguardo è arrivata dalla società di ricerca DOXA, l’istituto che alla fine dello scorso anno ha condotto un’indagine sui lavoratori italiani per conoscere il loro stato psicologico ed emotivo ed esplorare le cause all’origine di quel malessere.

Tra i tanti dati emersi, quello più impressionante ci racconta di come la correlazione tra benessere psicologico generale e benessere lavorativo si stia intensificando di anno in anno tra gli occupati in Italia. L’85% degli intervistati tende infatti ad associare il proprio benessere personale con quello percepito in ambito professionale. Mentre un lavoratore su due riconduce lo stato di ansia, stress e insonnia al proprio lavoro. Attenzione: “lavoro” nel senso più ampio del termine. Quindi mansioni, salario e sviluppo di carriera, ma anche ambiente, flessibilità, rapporti con manager e colleghi, scopo, flussi e relativa gestione delle attività.

  • 85% lega il benessere personale a quello percepito sul lavoro 
  • 50% associa ansia, stress e insonnia al lavoro
  • 46% ha provato una sensazione di cinismo rispetto al proprio lavoro

 

Riscrivere il perimetro del benessere in azienda

Difronte a una prospettiva di questo genere, non è che le organizzazioni abbiano poi molto margine di manovra. Per correggere questa tendenza, l’unica strada percorribile sembra passare attraverso un netto cambio di paradigma. Un’autentica rifondazione del concetto stesso di benessere organizzativo. 

D’altronde è la tesi a cui sono giunti anche gli analisti riuniti a Davos in occasione dell’ultimo World Economic Forum. Pronti a riconoscere che il futuro dell’impresa è nel wellbeing

A questo punto conosciamo l’obiezione: d’accordo tutto, ma in che modo le imprese possono, poi, concretamente, invertire questo orientamento? Risposta: con una strategia tanto semplice quanto intuitiva. Se i dipendenti, da un lato, stanno progressivamente facendo confluire la sfera professionale in quella personale, dall’altro le aziende non hanno altra possibilità che assecondare la tendenza ed estendere l’area del benessere aziendale all’ambito privato delle persone.

In che modo? Con il welfare aziendale: uno degli strumenti più efficaci per agire sul benessere a lungo termine dei collaboratori e riscrivere il perimetro del rapporto tra l’azienda e le sue persone.

Come sempre, però, il punto di partenza è la comprensione del problema. Un esercizio che passa attraverso l’analisi dello stato di salute e benessere complessivo della forza lavoro. Analisi che poi servirà, in sostanza, per evidenziare le zone d’intervento e correggere eventuali storture della wellness routine, implementando piani di benessere che rettifichino queste abitudini dannose per la salute dei lavoratori e le loro prestazioni lavorative. Estendere i confini del benessere significa però anche attivare percorsi di wellbeing mirati e personalizzati sulle esigenze di singoli gruppi in azienda mediante coaching individuale. Infine, monitorare l’andamento di questi percorsi orientati a migliorare lo stile di vita e l’efficienza lavorativa della popolazione aziendale.

 

Salute e benessere psico-fisico: le due leve della “rifondazione”

La buona notizia è che le organizzazioni pronte ad investire su salute e benessere nella propria strategia di Corporate Wellbeing troveranno, almeno in Italia, una sponda importante nei propri collaboratori.

L’ottimismo stavolta arriva dal Kantal Global Monitor, una ricerca mondiale sulla salute e il benessere dei lavoratori, che nell’ultima edizione mette il nostro tra i paesi con la popolazione aziendale più sensibile a questi due aspetti. Per l’87% degli intervistati, infatti, benessere fisico e mentale saranno la priorità dei prossimi anni. Mentre pensando alla propria vita post-pandemia, il 93% dei lavoratori e delle lavoratrici intervistate ritiene che si prenderà regolarmente cura della propria salute fisica. 

  • 87% indica salute e benessere psico-fisico come priorità
  • 93% si prenderà regolarmente cura della propria salute nei prossimi anni
  • 23% della GenZ ha fiducia nel lavoro sulla propria salute mentale

Interessante è però anche il dato che riguarda la fiducia nel lavoro sulla propria salute mentale. Perché mostra un’Italia, quella dei lavoratori e delle lavoratrici, sostanzialmente divisa in due. Con da una parte GenX e Baby Boomers, che manifestano un certo scetticismo (rispettivamente 14% e 16%); e dall’altra Millennials e GenZ che invece sembrano molto più consapevoli che un pezzo della propria armonia passa dalla salute della propria psiche (23%).

 

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Valerio Sordilli – giornalista e contributor Jointly