Il nuovo DL Lavoro ha innalzato a 3.000 euro il limite di esenzione di beni e servizi anche per il 2023, ma solo per i lavoratori dipendenti con figli a carico. Una misura potenzialmente discriminatoria, e con alcune criticità.

Dopo che l'anno scorso il governo Draghi li aveva portati dalla soglia base di 258 a 600 euro annui, a novembre del 2022 con il decreto "Aiuti quater" dell'esecutivo Meloni, l'asticella è stata alzata fino a 3mila euro, ma soltanto per il 2022. Ci si attendeva poi un provvedimento organico e complessivo in materia con la Legge di bilancio. ma non c'è stato. Così questi benefici sono tornati alla soglia iniziale di 258 euro annui, fatto salvo per i lavoratori dipendenti con figli.

 

Giusto il sostegno ai genitori, ma critiche le modalità

La principale misura contenuta nel nuovo Decreto Lavoro è l’innalzamento a 3.000 euro del limite di esenzione di beni e servizi anche per il 2023, ma solo per i lavoratori dipendenti con figli a carico, oltre a un fondo da 60 milioni destinato ai Comuni per i centri estivi e i servizi socioeducativi territoriali.

Una misura presa per cercare di contrastare il tasso di natalità che nel nostro Paese è ai minimi storici, con un fertility gap (la differenza tra il numero di figli desiderati, due, e quelli effettivi, 1,25) tra i più alti d’ Europa. Tra i molteplici motivi alla base di questi dati, l’incapacità del welfare pubblico di risponde alla crescente domanda di assistenza per le famiglie: basti pensare alla scarsa copertura dei posti all’asilo nido - inferiore al 33% - o alla diffusione del tempo pieno nelle scuole primarie in Italia (in meno di una su due), con gravi difficoltà per i genitori che lavorano, per non parlare della chiusura estiva delle scuole.

“Come Jointly – ha commentato la nostra Presidente, Anna Zattoni - riteniamo che intervenire sull’ Art 51 comma 3 del TUIR, innalzando la soglia dei fringe, presenti due aspetti critici.

Il primo è che le aziende oggi fanno fatica a ricostruire quali dipendenti abbiano figli, perché la nuova procedura per la richiesta dell'assegno unico è gestita direttamente dall’INPS. Un secondo aspetto critico è che, senza nuovi investimenti in welfare aziendale, a beneficiare di questa misura saranno prevalentemente i dipendenti con figli che hanno già altri tipi di benefit - come l’auto aziendale, l’assicurazione extra contrattuale o la casa in affitto - che tipicamente sono dirigenti e quadri all’interno di un’organizzazione”.

Un possibile corto-circuito che rischia di avere un impatto nettamente inferiore sulle altre fasce di lavoratori, oggi più impattate di altre da carovita e inflazione.

Ma nel Decreto Lavoro ci sono anche misure utili ed efficaci, come il fondo da 60 milioni: “come Jointly – ha spiegato ancora Anna Zattoni - supportiamo già da anni le aziende, proprio attraverso il welfare, ad offrire campus e vacanze studio ai figli dei collaboratori. La nostra proposta è la stabilizzazione della soglia ad un valore attualizzato e l’introduzione di voucher sociali veicolati tramite le aziende e finalizzati a genitorialità e caregiving, nonché meccanismi premiali per le aziende che investono in welfare aziendale”.

 

Concentrarsi sull'art. 51 comma 2, il "cuore" del welfare

Gli ultimi anni i hanno dimostrato che il welfare aziendale fornisce ai lavoratori risorse e strumenti che quello pubblico non è più in grado di dare, basti pensare alla crescita del 487% dei piani di welfare aziendale negli ultimi cinque.

La pandemia ha fatto emergere la natura sociale di questo strumento privato che è però un moltiplicatore sociale di benessere. Proprio per questo molti esperti del settore e associazioni come l’Aiwa (Associazione Italiana Welfare aziendale) auspicano una rimodulazione definitiva della soglia dell’art. 51 comma 3 del Tuir su un valore coerente con il costo della vita di oggi (tra i 600 e i 1000 euro), “in modo poi da potersi concentrare sul cuore del welfare aziendale, il comma 2», che include invece le misure a sostegno del benessere delle persone e delle famiglie.

In sintesi, inserire il sostegno ai genitori con figli nel comma 3 come fringe benefit  non sarebbe solo improprio, ma rischierebbe di depotenziare lo strumento del welfare nel suo complesso.

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A cura di Anna Zavaritt - giornalista e contributor Jointly