Quanto “spazio” c’è, ancora, per introdurre benessere all’interno delle organizzazioni? Domande come questa prendono forma ogni volta che un ente o un’istituzione pubblica o privata si incaricano di fotografare il mercato del lavoro e ci restituiscono, a seconda del contesto, un’indagine sui modelli organizzativi che cambiano, sulle abitudini emergenti, sulle tendenze in ascesa, oppure sui nuovi bisogni dei professionisti.

Nascono domande del genere perché, ogni volta che il prodotto di quelle analisi, poi, ci arriva tra le mani, ne usciamo con la rafforzata convinzione che per come è cambiato il modo di vivere il lavoro, gli spazi per iniziative di corporate wellbeing sembrano diventati potenzialmente infiniti.

 

Così il benessere in azienda abbraccia (anche) la mobilità sostenibile

È successo, di nuovo, a proposito della mobilità sostenibile. Il pretesto è quello offerto dalla pubblicazione dell’ultimo Barometro dell’Osservatorio mobilità di Arval

Nella parte in cui si parla delle abitudini in tema di transizione energetica e mobilità alternativa alle flotte aziendali, l’indagine rivela che più di 7 aziende su 10 hanno già implementato almeno una soluzione di mobilità alternativa, e circa un’impresa su due (il 44%) sta valutando soluzioni diverse all’auto aziendale “allo scopo di facilitare gli spostamenti di business o il tragitto casa lavoro dei propri dipendenti”. Di più. Circa il 41% degli intervistati si dice pronto a offrire “servizi di mobilità a 360° ai propri collaboratori per la loro vita professionale e privata, in ottica di welfare aziendale”.

7 aziende su 10 hanno già scelto forme di mobilità alternativa

il 44% interverrà sul tragitto casa-lavoro delle proprie persone

il 41% offrirà servizi di mobilità a 360° in ottica di welfare aziendale

 

Scelte che vanno nella direzione indicata anche dall’AIWA, l’associazione nazionale che riunisce i maggiori welfare provider d’Italia. Secondo il presidente Emanuele Massagli, la mobilità sostenibile dovrebbe rientrare a pieno titolo tra le voci di benessere organizzativo; nell’ottica di un ampliamento del paniere dei beni e dei servizi di welfare già detassati e a disposizione delle organizzazioni. Il tutto, al fine di rispondere più efficacemente ai nuovi bisogni dei lavoratori e insieme ridurre il cuneo fiscale a vantaggio di imprese, Stato e famiglie.

“Ragionevole e ‘green’ sarebbe anche permettere il pagamento da parte della azienda di pacchetti per la mobilità sostenibile come monopattini, motorini elettrici, biciclette, etc - aveva spiegato Massagli in una recente intervista - Questi interventi non costano nulla … e realizzerebbero una notevole accelerazione della diffusione del welfare aziendale, senza i gravami di tasse e contributi”.

 

Nelle organizzazioni il terreno è già fertile

Domanda: e i collaboratori cosa ne pensano? Sono pronti ad abbracciare forme di mobilità alternativa in chiave sostenibile? La risposta ce la fornisce l’Osservatorio “Change Lab, Italia 2030”, un progetto lanciato da Groupama per fotografare i principali trend che cambieranno il modo di vivere - e di muoversi - degli italiani e il loro impatto sull’ambiente, sull’economia e sullo sviluppo del Paese.

Condotto in collaborazione con l’istituto di ricerche Bva Doxa, il rapporto mostra chiaramente come, entro il 2030, più di 1 italiano su 2, ovvero il 53%, è “pronto a un cambiamento sostanziale delle proprie abitudini di mobilità”. Un dato che fa il paio con il 62% che si dice “disposto a fare ricorso al car sharing” nei prossimi anni per la propria mobilità. Per non dire del 40% degli intervistati “aperti alla mobilità multimodale (auto, bici e monopattini elettrici) utilizzando mezzi diversificati in base alle esigenze”.

il 53% degli italiani è pronto a cambiare le sue abitudini

il 62% è disposto a fare ricorso al car sharing

il 40% è aperto alla mobilità multimodale (auto, bici, monopattini full electric)

 

I vantaggi di una vera rivoluzione sostenibile in azienda

E se può essere alto il rischio di dover considerare quella delle aziende attente ai temi della sostenibilità soltanto un’operazione “estetica”, confortano le prese di posizione di quei top manager italiani sempre più convinti che un ricorso spinto alle politiche sostenibili produca in azienda vantaggi innegabili sul medio e lungo periodo. E che per quanto complesso risulti tradurre queste volontà sul piano esecutivo nel brevissimo termine, si tratti comunque di un processo culturale irreversibile.

Come irreversibile è d’altronde l’aumento della sensibilità dei collaboratori su questi temi. I quali smettono di essere argomenti esclusivamente etici quando iniziano a generare effetti positivi diretti per ciascuna delle cinque dimensioni del benessere di chi vive l’azienda. 

Infine, dove non arriva l’employee value proposition, e il suo ritorno in termini di employer branding, arriva di certo il business a richiamare l’attenzione di quelle organizzazioni che, per volontà o per opportunità, non hanno ancora mosso i primi passi verso una visione più sostenibile dei loro modelli. Lo fa attraverso la grande opportunità che il Pnnr riconosce alle imprese che scelgono la sostenibilità attraverso piani integrati di welfare aziendale.

 

I pionieri della mobilità sostenibile: i casi San Marco Group e Fastweb

Poi ci sono i pionieri a ricordarci che la mobilità sostenibile non è un traguardo impossibile per le organizzazioni. Tra questi merita una menzione speciale la San Marco Group. L’azienda di Vicenza che si occupa di produzione e distribuzione di vernici ha da poco sviluppato un progetto di e-bike sharing con l’obiettivo di incentivare la mobilità sostenibile tra i propri collaboratori. Il gruppo fornirà ai dipendenti delle sedi di Marcon, Montemarciano e Forlì biciclette elettriche Askoll per il tragitto casa-lavoro.

“Go Fast Go Green” è invece il nome scelto da Fastweb per un’iniziativa volta a migliorare la mobilità dei propri collaboratori e delle loro famiglie. Attraverso un portale digitale, gli oltre 3000 dipendenti del gruppo possono accedere a informazioni utili su come organizzare gli spostamenti casa-ufficio o personali, beneficiare di convenzioni dedicate con i principali vettori di mobilità sostenibile e in sharing (auto, bici, monopattini e scooter elettrici), ottenere voucher per gli spostamenti a prezzi agevolati, oppure sottoscrivere abbonamenti per il trasporto pubblico scontati e rateizzabili.

E allora: quanto “spazio” c’è, ancora, per introdurre benessere all’interno delle organizzazioni?

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Valerio Sordilli - giornalista e contributor Jointly